AH! LA CORSE…!

(foto: Yuri Santini)

 

Isola… il concetto di isola mi ha sempre inquiestata. Non vorrei mai vivere su un’isola: mi sentirei in gabbia, limitata, dipendente da traghetti e aerei per vedere nuovi orizzonti. Ma con che occhi gli isolani vedono i continenti? Si sentono perduti, indifesi? O, in fondo, i continenti non sono altro che isole molto grandi?

Certo, nascere e vivere in un universo parallelo come la Corsica non dev’essere facile o deve essere una scelta… e il viaggio me lo ha confermato.

La Corsica è un frutto succoso e invitante, ma dal sapore aspro e il nocciolo duro e amaro.

Il suo mare è un limpido lapislazzulo, è la voce irresistibile e attraente di una Sirena.

La macchia selvaggia è avventurosa e intrigante, ma ti lascia sempre il torso scoperto, al sole, e ti fa sentire costantemente un intruso.

E le montagne, inizialmente dolci e levigate, divengono ben presto spigolose e ostili, costellate di guglie pungenti e profonde forre, come un ammasso di rottami rocciosi rumorosamente spezzati e tenuti ora celati nel cuore taciturno e solitario dell’isola.

La natura primordiale, con il suo fascino ammaliatore, si contende, incessantemente, l’isola con l’uomo.

I corsi hanno imparato, nel tempo, a non fidarsi nè della natura nè dell’uomo: poche parole, molti sguardi. La Corsica è un luogo di relazioni arcaiche, complesse e mischiate, sottilmente percepibili: c’è qualcosa di sofferto, un dolore sommesso, un grido di ribellione soffocato che si mischia al profumo pungente e amaro del maquìs.

(Matilde Peterlini)